Lyda Borelli

Lyda Borelli, M.I.C.S. 1993
Lyda Borelli, M.I.C.S. 1993

Per Lyda Borelli e per il cinema muto

Questo libro viene realizzato anche “per non dimenticare”…
Anzitutto per non dimenticare Lyda Borelli, che fu una delle più importanti attrici del teatro e del cinema italiano all’inizio del secolo e che invece per troppo tempo è stata sistemata nel dimenticatoio, tra la polvere, la trascuratezza e la superficialità generale, come se il suo contributo non fosse stato abbastanza importante…
Poi per non dimenticare — e quindi anche per riesaminare e conoscere meglio — il nostro passato nel campo del cinema e dello spettacolo. Un passato riscoperto, pian piano, solo in questi ultimi anni, grazie anche all’impulso dato dall’ultratrentennale lavoro di recupero e di valorizzazione del patrimonio culturale del passato effettuato dal M.I.C.S.

(…)

I parenti (di Lyda Borelli) hanno sempre evitato di rievocare il passato della grande attrice: nulla sanno, o sembra che nulla sappiano. Non ci sono ricordi, film, documenti. Solo qualche foto di famiglia. Tutto il resto sembra sia stato distrutto.
E questo spiega una delle cause del precoce oblio della grande “diva”, ma da noi rivalutata attraverso una serie di manifestazioni, promosse ed organizzate nel corso di questi ultimi decenni.
E poi, una sera del novembre 1986, si presenta timidamente, durante la Settimana Internazionale del cinema muto di Roma, una ragazza, Domizia Alliata, che ci chiede di poter vedere i film della Borelli… Poi dice, pudicamente: “era mia nonna”… “non ho mai visto i suoi film”…
Successivamente avemmo modo di parlare anche con la madre di Domizia, cioè Yana, una delle due figlie della Borelli (scomparsa, purtroppo, qualche tempo dopo il nostro colloquio) e poi con gli altri fratelli, Paolo e Vittorio che vennero nei nostri archivi a visionare materiali d’epoca e il film interpretato dalla nonna: Rapsodia satanica. Poi ancora venne il Principe Fabrizio Alliata, divenuto, assieme a tutta la sua famiglia un nostro caro amico e sostenitore del Museo nei momenti più difficili…
Noi prendemmo anche l’iniziativa di conferire premi, in varie manifestazioni, ad alcuni familiari, per onorare la memoria della grande Lyda: al Teatro Sistina nel dicembre 1987 e alla Pontificia Università di S. Tomaso nel 1990.
Durante l’edizione del 1991 della Settimana internazionale del cinema muto, in occasione di altre proiezioni e di una mostra iconografica dedicata alla Borelli, si presentò un’altra pronipote della famosa diva, la quale, come già per la famiglia dei principi Alliata, voleva “conoscere” meglio l’opera artistica della sua illustre antenata, rimasta anche per lei, per le sorelle e per i genitori (il Principe Massimo Lancellotti e Lida Guglielmi) praticamente sconosciuta per anni…
Nacque dunque, da quel momento, una cordiale amicizia anche con l’altro ramo della famiglia e più particolarmente con Lida Guglielmi, figlia di Ylda (cioè una delle due figlie gemelle della Borelli).
Orbene noi abbiamo portato avanti per anni questo lavoro di recupero e di valorizzazione del cinema italiano d’epoca ed anche di Lyda Borelli. Questo volume, frutto di ricerche appassionate e difficili, come anche la rassegna Omaggio a Lyda Borelli e alle attrici del cinema muto italiano (con proiezioni, mostra e incontri) che adesso presentiamo, sono la dimostrazione di un continuo lavoro svolto con tanta volontà e superando innumerevoli difficoltà.
Ci auguriamo quindi che questa nostra nuova impegnativa fatica possa essere utile e che il nostro lavoro trovi, in un prossimo futuro, mezzi più adeguati, onde evitare di fare sempre i “salti mortali” per realizzare i nostri programmi culturali.

José Pantieri
Roma, ottobre 1993

Lyda Borelli, Edizioni M.I.C.S., Roma 1993. Testi originali di Mario Verdone, Vittorio Martinelli, Ettore Zocaro, Leonardo Bragaglia, Marialuisa Grilli.

Il cinema del silenzio torna in prima fila

Omaggio alle dive del cinema muto M.I.C.S. 1993
Roma, ottobre 1993

Roma, 20 ottobre 1993. Il cinema italiano non aveva il sonoro e nemmeno il colore quando Lyda Borelli calcava le scene dei grandi film. Erano i tempi della prima guerra mondiale, tempi di attrici languide e frementi, di pellicole ispirate ai romanzi di Oscar Wilde o a quelli di Gabriele D’Annunzio o di Fogazzaro. Film dimenticati, vecchi fotogrammi sbiaditi, che il Museo Internazionale del Cinema e dello Spettacolo ha recuperato per proporli a partire da ieri, fino a sabato, all’attenzione dei cinefili romani. Presso l’Accademia di Romania (dalle 15,30 alle 20 in piazza de José de San Martin, 1) e il cineclub Azzurro Méliès (dalle 21, via Faà di Bruno, 8) verranno proiettati circa venticinque film (in alcuni casi si tratterà di brevi sequenze) in omaggio alle eroine del cinema del silenzio: non solo Lyda Borelli ma anche Francesca Bertini, Soava Gallone, Italia Almirante Manzini, Eleonora Duse, Maria Jacobini.

Ha inaugurato la rassegna, ieri mattina, la proiezione dell’unica copia esistente di Fior di male, un film in versione olandese, girato nel 1915, interprete una divina Lyda Borelli (…) A contemplare la contessa Cini sullo schermo della sala dell’Accademia di Romania, c’erano in prima fila i suoi eredi diretti, ovvero i nipoti della principessa Mafalda di Savoia Aosta. Già perché la prima diva del cinema muto italiano, sposa del conte Cini nel 1918, vantava nobili discendenze: era la prozia della principessa Mafalda e Bianca di Savoia Aosta. E a dire il vero una certa regalità la documentano anche tutte quelle sue foto esposte in un’altra sala dell’Accademia rumena, insieme a manifesti, carteggi e abiti di scena delle primedonne del cinema muto. Dunque, una rassegna cinematografica, una mostra e anche una serie di incontri di studio per celebrare le stelle degli esordi della cinematografia. « Un’iniziativa — ha affermato il direttore del Museo del Cinema e dello Spettacolo José Pantieri — che vuole attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’importanza del cinema muto e sulla necessità di non prediligere perfino nelle sedi legislative solo l’aspetto mercantile del cinema ». Quasi un appello disperato lanciato da Pantieri, per un’istituzione, la sua, che ha da 30 anni una sede a Parigi e non trova spazi in quella che per antonomasia può definirsi la città del cinema, ovvero Roma. Un sos per i film d’epoca (e non solo) che, lanciato al fianco di Monica Vitti, è riuscito quasi come un dovere irrinunciabile per chi di cinema si occupa.

Per i ricordi della diva di oggi, di una delle interpreti femminili rappresentative della cinematografia made in Italy. « Il cinema? Una dimensione terapeutica. Non l’ho mai fatto per il desiderio di apparire ma solo perché ho scoperto che era una necessità — confessa la Vitti —. Ad un certo punto della mia vita ho capito che era un bellissimo modo di stare con gli altri. » (…)

Donata Marrazzo
(Il Messaggero)