
La mia vita inizia un giorno del mese di novembre del 1941, esattamente il 19, quando nacqui in casa all’ultimo piano di un immobile in Corso Diaz al n° 10 a Forlì (adesso, purtroppo, la mia casa natale non esiste più ed anche il numero civico è cambiato, ma è rimasto una parte del cortile… Si tratta in ogni caso di quella casa davanti al Palazzo Mangelli, vicino all’attuale Teatro Diego Fabbri, ex cinema Astra).
Mi chiamo Josè Pantieri, ma Josè è uno pseudonimo o meglio un nome “affettivo” dato dai miei genitori, che sembra derivare dal dialetto romagnolo perché in realtà mi chiamo Giuseppe, Amedeo, Bruno… Josè sarebbe derivato dalla forma dialettale di “Jusef” cioè Giuseppe.
Mio padre si chiamava Dante (Meldola, 1903-1994 ) e mia madre Domenica Paganelli (Forlì, 1898-1988). Erano persone semplici, ma di gran carattere, dei veri “romagnoli”. Erano stati per molti anni a Tripoli in Libia a “cercare fortuna” come tanti, a quell’epoca, con i miei due fratelli, Pier Claudio detto Piero (nato al Meldola il 10-12-1927) e mia sorella Floriana detta Flory (nata a Tripoli, in Libia il 6-3-1931).
Quando nacqui i miei genitori avevano aperto, nel piano terra dello stesso immobile, una bella “Latteria del Corso”: era la prima latteria della Città con bar e piccolo ristoro, e forse per questo il latte fu ed è il mio alimento preferito.
Dei primi anni, ovviamente ricordo poco, e tutto sommato è meglio così, perché furono gli anni tristi della guerra, dei bombardamenti (anzi una piccola scheggia di vetro mi ferì alla testa e ancora ne porto il segno…), ma ricordo soprattutto le macerie di un palazzo vicino completamente distrutto dove andavo a giocare, all’angolo di Via Merenda, dove una volta m’infortunai mettendo il piede destro sotto la fessura di una botola di ferro con chiusura a terra, che rimasi schiacciato e quindi intrappolato per la sua accidentale ed improvvisa chiusura: grida e pianti, con intervento macchinoso e delicato. Fortunatamente quest’incidente non lasciò conseguenze, se non per un breve periodo, tuttavia fu un brutto ricordo di quegli anni.
Ricordo invece, con piacere, i miei primi burattini, quelli con la testa di terracotta, colorati e ceramicati, nei quali si mettevano dentro tre dita di una mano, un dito dentro la testa e due per le braccia che, come il corpo, erano fatte di stoffa.
Ne facevo i miei primi spettacoli, credo di aver avuto, tre o quattro anni e facevo anche pagare un biglietto… con carta moneta disegnata a mano, dai miei piccoli amici-spettatori.
Ma il ricordo più bello di quei primi anni fu il regolo più desiderato: una bella bicicletta, piccola, nuova, azzurra… che trovai nella mia stanza da letto. Che emozione, e che gioia… e la bicicletta fu d’allora, una mia cara compagna che ancora adesso utilizzo spesso.
José Pantieri
(I miei primi 60 anni, Roma, novembre 2001)